MYANMAR, KAYAH STATE

PROGETTO K033 – SETTORE INTERVENTO: SOCIALE/EMERGENZA

LUOGO D’INTERVENTO E CONTESTO:

Conosciuta come Birmania anche dopo aver ottenuto l’indipendenza dai britannici nel 1948, in seguito al colpo di stato militare nel 1988 acquisisce il nome di Myanmar. Il Myanmar ha una popolazione attuale di circa 53.800.000 abitanti (stima 2021) con capitale Naypyidaw (dal 2005).

La maggioranza della popolazione è di etnia Bamar e di religione buddhista, ma vi sono anche numerose minoranze etniche. Sono presenti anche l’islam e l’induismo, mentre alla religione cristiana appartiene il 4% della popolazione e i cattolici rappresentano soltanto l’1%.

Economicamente il Myanmar è uno dei paesi più poveri e meno sviluppati del pianeta, avendo avuto nella sua storia recente decenni di ristagno economico, cattiva gestione e isolamento dal resto del mondo. Dal 2011 però il paese si era aperto al libero mercato facendo registrare tassi di crescita economica. Il PIL nel 2016/2017 era aumentato del 6,4%, dati certamente peggiorati da un paio di anni a questa parte!

Oltre a una popolazione giovane (più della metà è sotto i 21 anni) e a una manodopera tra le meno costose dell’Asia, il Myanmar è un forziere incastonato tra India e Cina e colmo di gemme e pietre preziose, oro, il legname più pregiato del mondo, derrate agricole e risorse ittiche, gas, petrolio, marmo e minerali.  Il problema reale come per tutti i paesi in via sviluppo è come e da chi vengono utilizzate le risorse e, soprattutto come avviene la distribuzione delle ricchezze.

La storia politica del paese è purtroppo instabile. Il generale Ne Win salito al potere nel 1962 guidato da un gruppo di militari marxisti, diede inizio ad una dittatura militare di stampo socialista, promuovendo un’economia rigorosamente collettivista che ridusse il paese alla fame. Vennero nazionalizzate le industrie, soppressi i partiti politici e proibito il libero scambio. Il paese rimase isolato dal resto del mondo, vennero violati i diritti civili della popolazione con una feroce repressione e soppressione della libertà di stampa. Dopo le rivolte popolari e studentesche del 1988 che provocarono migliaia di morti, Ne Win si dimise.

Nel 1990 le prime elezioni libere dopo 30 anni portarono alla vittoria della Lega Nazionale per la Democrazia (NLD) cappeggiata da Aung San Suu Kyi (premio Nobel per la Pace del 1991). La vittoria non venne tuttavia riconosciuta, la donna fu arrestata e la dittatura proseguì a fasi alterne, terminando finalmente nel novembre del 2015 con nuove elezioni parlamentari generali che videro nuovamente l’ascesa del partito di Aung San Suu Kyi e il ritorno della stessa alla vita politica del paese. Il 1° febbraio 2016 viene convocato per la prima volta dopo 50 anni il Parlamento eletto da libere elezioni.

Il 1° febbraio 2021 un altro generale, MIN AUNG HLAING come il dittatore NE WIN 30 anni prima è alla guida di un nuovo colpo di stato e con la giunta militare prende in mano il potere. Il popolo non ci sta, rifiuta la dittatura e così come nel 1988 si ribella, protesta, si difende come può, chiede aiuto ma, in questa guerra civile è solo.

In migliaia fuggono nei paesi limitrofi come la Thailandia ma, molti di loro vengono rimandati indietro. Alcuni villaggi sono stati bombardati e assediati dai militari che derubano, distruggono, arrestano e uccidono chi pone resistenza. Gli uomini scappano e si arruolano nei gruppi armati etnici contrari al colpo di stato. La giunta militare blocca la distribuzione dei viveri mentre continua i suoi affari commerciali con Cina e Russia. Non c’è elettricità, internet è limitato a chi possiede una connessione wi-fi, chi usa i social viene spiato, controllato e se trovato arrestato e torturato.

Aung San Suu Kyi (premio Nobel per la Pace 1991 e consigliere di stato) continua ad essere tenuta reclusa agli arresti domiciliari, accusata di brogli nelle ultime elezioni e di altri presunti reati, non consentendole di parlare coi suoi avvocati, mentre il suo partito è stato sciolto per via giudiziaria. Come lei altri parlamentari e gente comune sono detenuti, si parla di più di 4.000 arresti senza capi d’imputazione reali e comprovabili. Un ritorno nell’incubo di un passato già vissuto, un vero e proprio schiaffo alla democrazia, un evidente non rispetto dei fondamentali diritti umani e, di fronte a tutto ciò il mondo intero resta a guardare.

La Congregazione delle suore di Maria Bambina è presente nel Myanmar dal 1916. Attualmente, morte le ultime sei missionarie italiane, le suore birmane continuano il loro servizio a favore dei più poveri, con molta dignità e con intelligente intraprendenza nel gestire la promozione umana e le cure agli ultimi. Lo Stato del Kayah dove sono presenti con 10 delle 35 comunità sparse nel paese, è uno di quelli maggiormente colpiti e in sofferenza per questa guerra. Due terzi della popolazione dello stato del Kayah (300mila abitanti) è sfollata. Le suore della comunità di Loikaw Nanattaw hanno dato a disposizione della gente spazi e servizi della missione.  Anziani, donne e bambini trovano rifugio presso le suore che li accolgono cercando di dare loro assistenza di ogni genere, alimentare e medica, conforto e protezione, rischiando loro stesse ritorsioni.

Le comunità coinvolte nell’accoglienza e assistenza alla sono 5. Tre di loro hanno accolto in totale 490 ragazzi/e. Di questi ben 350 frequentavano le scuole governative che ad oggi hanno riaperto ma, per protesta si rifiutano di andarci. Il coraggio e la dignità di questo popolo, soprattutto dei giovani e insieme con le suore è davvero unico ed ammirevole! Aiutate dai laici raggiungono anche chi si nasconde nei campi profughi all’interno della foresta, ove per arrivare ci vuole un lungo cammino a piedi e in canoa. Portano cibo, medicine, beni di prima necessità e cercano di fare qualche lezione per consentire ai bambini e ragazzi di continuare il loro percorso di istruzione anche se non in maniera ufficiale. Con il peggioramento della situazione politica e il prolungarsi della guerra civile, gli sfollati sono in continuo aumento. La popolazione, nonostante la sanguinosa repressione dell’esercito, è prima scesa in strada pacificamente e poi ha iniziato una resistenza armata senza precedenti.

Secondo le stime si contano oltre 30 mila morti in tutto il Paese, decine di migliaia di feriti e più di un milione di sfollati interni, costretti a vivere in condizioni disastrose, con serie difficoltà a reperire cibo, acqua e medicinali. Per l’Unicef, più di 5 milioni di minori hanno bisogno di assistenza umanitaria e 7,8 milioni di adolescenti non hanno istruzione. L’economia è al collasso.  Ma il popolo birmano non ci sta, rifiuta la dittatura e come più di 30 anni fa si ribella, protesta, si difende come può, combatte per la democrazia, per un governo scelto, voluto e votato.

OBIETTIVI E BENEFICIARI:

Sono circa 3.000 le famiglie assistite nelle 5 comunità più i 490 giovani studenti. Di queste circa 500 sono nelle tendopoli in foresta. Le suore si recano un paio di volte al mese per portare viveri e medicine.

L’obiettivo è inviare aiuti umanitari in una situazione di continua e costante emergenza, nella speranza che il popolo riconquisti la democrazia.

 COSTO DEL PROGETTO:

La spesa mensile che le suore fanno ogni mese per il cibo ammonta ad euro 8.100,00 per:

  • Riso 150 sacchi 2
  • Olio 18 scatole
  • Uova 9 scatole
  • Pasta 20 scatole
  • Pesce secco 70 pezzi
  • Sale 10 scatole
  • Spese di trasporto

Quella per le medicine per assistere circa 80 persone con patologie e per malattie varie è di euro 6.100,00 mensile.